Dolore cronico e Legge 38/2010 – aggiornamenti clinici

Articolo precedentemente pubblicato su Medicitalia.it

Di seguito verranno presentate alcune percentuali di una indagine pilota condotta su poco meno di 200 pazienti, in fase di prosecuzione ai seguenti link (gradita circolazione a chi interessato):

Sondaggio per medici

Sondaggio per pazienti e/o caregivers

Il dolore cronico, definito dallo IASP (1986) come una “esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata ad un danno tissutale, in atto o potenziale, o descrivibile in termini di tale danno” affligge più di un quarto di cittadini italiani nel corso della propria vita ed è associato, oltre che a problemi fisici, a problematiche psicosociali e psicologiche quali ansia, depressione, problematiche lavorative, problematiche familiari (Adams, 1997).

Proposta nel 1967, la Teoria del Cancello di Melzack (Gate Control Theory, GCT) è stata la prima a riconoscere che il cervello e i processi psicologici sono attivamente coinvolti nell’esperienza del dolore. Ed è infatti oggi universalmente riconosciuto che il dolore cronico è causato da una combinazione di fattori biologici, psicologici e sociali (da cui la teorizzazione dell’approccio biopsicosociale). E solo un trattamento che preveda la combinazione di questi fattori può portare ad un migliore gestione del dolore stesso (il cosiddetto approccio interdisciplinare).

A partire dal 1970 le tecniche psicologiche per il trattamento del dolore si sono indirizzate tutte verso il condizionamento operante e terapie cognitivo comportamentali, basate entrambe sull’assunto secondo il quale il dolore e la sofferenza sono esacerbate da pensieri maladattivi appresi (tra cui anche la catastrofizzazione) pertanto comportamenti che modificano tali pensieri possono contribuire a ridurre la problematica.

Nonostante le ricerche scientifiche a dimostrazione dell’efficacia sull’utilizzo di un approccio multidisciplinare e nonostante l’importanza sociale che sta rivestendo la problematica del dolore a livello italiano (Legge 38/2010), una indagine pilota da me precedentemente condotta (in prosecuzione) dimostra che molti pazienti non si sentono soddisfatti nel trattamento che ricevono per il dolore, e nello specifico:

– per il 62% dei quasi 200 pazienti con dolore che hanno compilato il questionario non è semplice al medico il proprio dolore;

– ma il dato che spaventa di più (vista la Legge 38/2010) è che per il 79% dei pazienti il dolore non sempre viene misurato. Più nello specifico il 35% afferma che non ha mairicevuto la misurazione dell’intensità del dolore da parte del medico, il 17% afferma di non averla quasi mai, ricevuta, mentre il 27% a volte).

Lavorare sul miglioramento dell’approccio al dolore è questione quanto mai professionale, etica e morale.

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