Da alcuni decenni i trattamenti relativi al dolore cronico hanno iniziato a contemplare anche la componente psicologica basandosi sull’assunto secondo cui le due componenti primarie nell’espressione (e dunque nella percezione) del dolore sono le emozioni e la catastrofizzazione. Dal grafico in basso si può comprendere bene quale sia il tragitto che il dolore ha nel nostro corpo, riassumendo:
“una lesione nel corpo crea l’esperienza del dolore, che ha la possibilità di prendere due strade:
- quella in cui vi è un’assenza di paura e pensieri catastrofici, che conduce poi al (lento o meno) recupero dello stato di funzionamento precedente a quello dell’esperienza dolorosa;
- quella in cui i pensieri catastrofici conducono al circolo vizioso della ripresentazione del dolore. Quindi una persona con un pensiero catastrofico (che predice, quindi, negativamente il futuro o si comporta come se il peggio fosse già accaduto senza considerare altri esiti legittimamente probabili) avrà paura del movimento (“per paura di…”), quindi metterà in atto comportamenti di evitamento che porteranno ad un disuso sempre maggiore del corpo, azione che automaticamente accentuerà l’esperienza dolorosa.”
Se invece dopo l’esperienza dolorosa, giù nel grafico dove ho inserito il quadrato bianco vuoto, noi ci inserissimo il trattamento (psicologico in questo caso, poichè stiamo parlando dell’esperienza del dolore da un punto di vista psicologico) potremmo avere una probabilità maggiore di remissione del dolore.”
Come approcciarsi, dunque, al paziente con dolore?
I consigli dettati da compassione e buon senso non sono la migliore arma di attacco per chi sta soffrendo per un dolore cronico. Frasi come “pensi meno al suo dolore”, “Riprenda le sue attività quotidiane”, “Riprenda a lavorare”, “Non è poi la fine del mondo” elevano solo la rabbia e aggressività del paziente nei vostri confronti, probabilmente incidendo anche sull’aggravamento del suo dolore.
Le tecniche comportamentali rivestono un ruolo importante nell’approccio psicologico al paziente con dolore. E’ bene fornire ad egli un quadro generale, il più rassicurante possibile, del suo stato e del suo dolore, e aiutarlo ad eliminare le convinzioni errate o negative che favoriscono dei comportamenti negativi o di disadattamento.
La Psicoterapia (associata spesso ad un trattamento farmacologico per il dolore) è la via regia per accompagnare il paziente con dolore cronico ad una migliore remissione. Psicoterapia volta a rallentare e/o eliminare la disperazione, lo sconforto e la depressione, variabili che accompagnano quasi sempre il dolore cronico. E’ bene però specificare che una psicoterapia familiare potrebbe altresì dare giovamento, non dimentichiamo in fondo che almeno il 50% dei pazienti con dolore cronico riferisce una ridotta capacità di mantenere i rapporti familiari e le relazioni sessuali.
La tecnica dell’EMDR si è rivelata nel corso degli anni un ottimo strumento di successo per il paziente con dolore cronico, inserita in un contesto psicoterapeutico.