Come reagire al lutto? Le reazioni dei bambini

Di seguito nel corso del testo è possibile trovare il link ad una guida utile a come indirizzare il dialogo coi bambini nel caso di un suicidio in famiglia. La guida, personalmente tradotta ed adattata dal “Supporting children after suicide: information for parents and other caregivers” di Noonan Kerrie e Douglas Alana del Children Bereaved by Suicide project. La guida è stata preparata per progetto SOPRoxi.

La morte, in generale, è uno degli avvenimenti più critici che mira a turbare l’equilibrio familiare. L’intensità della reazione alla morte di un proprio caro dipende sia dal livello funzionale di integrazione emotiva della famiglia in quel momento e dalle circostanze in cui la morte avviene. Una famiglia ben integrata può avere una reazione molto palese al momento del cambiamento, ma poi adattarvisi abbastanza presto. Una famiglia meno integrata potrebbe invece mostrare una reazione più sfumata sul momento e rispondere più tardi con sintomi o comportamenti sociali “devianti”. Allo stesso modo, è sempre difficile affrontare la morte di una persona cara, ma questo è particolarmente vero quando la morte è improvvisa e violenta come può essere nel caso di un suicidio. In letteratura si parla di survivor riferendosi a qualsiasi persona emotivamente legata ad una persona che muore per suicidio, intendendo con esso sia familiari sia terapeuti. Si stima che circa una persona su quattro conosca qualcuno che si è la propria vita e che per ogni suicidio ci sono almeno sei persone attorno che diventano a tutti gli effetti sopravvissuti.

Il lutto che si vive in seguito ad un suicidio si differenzia da altri tipi di lutto anche per i “processi sociali” che circondano il sopravvissuto, in quanto il suicidio ha un impatto non indifferente sul sistema familiare. Ogni morte solleva poi molte domande, ma una morte per suicidio porta i sopravvissuti inevitabilmente ad una continua ricerca, intensa e prolungata, di una spiegazione della tragedia, non conoscendo le ragioni che hanno portato il loro caro al gesto estremo. Quest ricerca di senso può durare tutta la vita, se non si arriva ad un compromesso con se stessi che la verità sarà difficile da raggiungere. Ed è proprio questi diversi vissuti che allontanano (o uniscono) i familiari, specie in presenza di elementi di colpa importanti. Un sopravvissuto poi, non solo ha a che fare con un processo del lutto che implica tempistiche diverse (e più lunghe), ma sperimenta emozioni estreme, molto più forti e dolorose, livelli più alti di solitudine e lutto complicato.

Capitolo a parte meritano i bambini, come affrontare con loro questo tragico momento. I bambini esprimono i loro sentimenti in maniera differente rispetto agli adulti ed in forme diverse anche tra di loro, soprattutto in riferimento all’età. E’ possibile però suggerire alcune indicazioni generali, quali quella di non sorprendersi se i bambini si comportano come se non fosse successo nulla, i bambini “soffrono un pò alla volta” e hanno bisogno di tempo per percepire il senso della perdita ed i cambiamenti che ciò comporterà. Per i bambini inoltre è importante che la famiglia mantenga la routine di sempre, o anche il vedere un adulto piangere. Ciò porta a normalizzare il processo di dolore.

In Italia sono pochi i servizi che si occupano (gratuitamente) di fornire supporto ai sopravvissuti, vale la pena ricordare l’importanza che ricopre il fornire un sostegno specifico a questa popolazione.

A tal proposito a Padova i volontari (psichiatri e psicologi) di progetto SOPRoxi si occupano di fornire supporto (online e vis-a-vis) a chi ha perso un caro per suicidio (online e vis-a-vis), operando quella che viene definita postvention (o prevenzione terziaria), ossia quelle attività sviluppate da, con, o per i sopravvissuti al suicidio, al fine di facilitare il recupero dopo un suicidio, e di evitare esiti negativi, tra cui il comportamento suicidario stesso.

 

Bowen M. (1976), Family reaction to death. In Guerin P.J. (Ed.), Family therapy: Theory and practice (pp. 335–358), New York, Gardner.

Jordan J.R. (2001), “Is suicide bereavement different? A reassessment of the literature”. Suicide and Life-Threatening Behavior 31(1):91-102.

Scocco P., Frasson A., Costacurta A. e Pavan L. (2006), “SOPRoxi: a research-intervention project for suicide survivors”. Crisis. 27 (1):39-41.

Totaro, S., Scocco, P., (2015). Perchè occuparsi di chi è in lutto per un suicidio. L’esperienza di Progetto SOPRoxi. Storie e Geografie Familiari, 13/14.

Totaro S, Scocco P, Toffol E: Suicide prevention and the Internet, risks and opportunities: a narrative review. Suicidology-Online.com (in press)

Scocco P, Toffol E, Preti A and SOPRoxi Project Team: Psychological distress increases perceived stigma towards attempted suicide among those with a history of past attempted suicide. Journal of Nervous and Mental Disease. 2016 Jan 8. [Epub ahead of print]

Scocco P, Toffol E, Totaro S, Castriotta C, Ferrari A and Soproxi Project (in press) Postvention initiatives in Italy. In: Postvention in Action; O Grad, K Krysinska, K Andriessen , eds.

Guida pratica su come parlare ai bambini dopo un suicidio

Articolo precedentemente pubblicato su Guidapsicologi.it

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